Jugoslavia, cosi i militari Italiani fermarono le stragi
- 10/05/2013
Jugoslavia, cosi i militari Italiani fermarono le stragi
La giornalista Mila Mihajlovic racconta il massacro di Jadovno
* Dopo la recente presentazione della ristampa anastatica del volume “Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943” preparato dal governo italiano e presentato alla Conferenza di pace di Parigi del 1947 per controbattere alle pretese territoriali jugoslave, Lei afferma che questo rarissimo documento non è mai stato esaminato nella sua reale dimensione storica e politica.
– Esatto. Le ultime pagine di questo volume sono una precisa e inequivocabile testimonianza storica sulla tremenda sorte dei civili serbi ed ebrei nel campo di sterminio ustascia Jadovno e si collegano alla documentazione che, fino a poco tempo fa, giaceva silente negli archivi italiani. Documentando un’immane eccidio, testimoniano sull’operato delle forze armate italiane 1941/43 in Jugoslavia e impongono una radicale revisione storica sul reale ruolo svolto dalle forze armate italiane. Dall’altra parte, annullano ogni tentativo di relativizzare, sia le dimensioni del crimine ustascia croati, sia le tutt’ora attuali “teorie della sinistra”, secondo le quali sono state le pressioni dei partigiani di Tito a fermare l’eccidio “fascista” e a far chiudere il campo di sterminio Jadovno.
La verità per 70 anni nascosta è la seguente. Nello stesso momento in cui presero potere sul territorio primariamente assegnato al loro alleato, allo Stato indipendente croato, dunque sulla fine dell’agosto 1941, le forze d’occupazione italiane ordinarono la chiusura del campo di concentramento sul isola di Pago. Si fa presente che gli ustascia, nel luogo di sterminio che comprendeva l’isola Pago e una quarantina di foibe site sul monte Velebit nei pressi del villaggio Jadovno (da qua la denominazione di tutto il campo di sterminio), in soli 132 giorni, tra l’aprile e agosto 1941, uccisero oltre 42 000 civili, uomini, donne, bambini – soltanto perché serbi o ebrei. Dunque, i militari italiani, arrivati come forza d’occupazione, salvarono i superstiti, tirarono su i corpi delle vittime dalle foibe e dalle fosse comuni, bruciarono i loro poveri resti e alla polvere diedero una degna sepoltura.
In questo contesto, si pone una legittima domanda: forze armate, per di più fasciste, che il primo giorno d’arrivo chiudono i campi di concentramento, salvano la gente, aprono le fosse comuni, documentano le vittime e le seppelliscono, si prendono cura della popolazione, la sfamano – possono chiamarsi “forza d’occupazione”? Inoltre, alla popolazione sotto le autorità italiane viene garantita la pace. I partigiani di Tito sparavano sui militari italiani per produrre le azioni punitive contro la popolazione serba. Secondo le numerose testimonianze storiche, questo non è mai successo.
*Lei riporta in auge un’altro momento, importantissimo per l’Italia: sia storicamente che politicamente.
Prima di tutto, c’e’ il fatto che la Croazia non ha mai giuridicamente posseduto la costa adriatica; in secondo luogo, l’Italia è stata costretta, dopo la fine della II guerra mondiale, a rinunciare in favore della Jugoslavia di Tito ai propri territori. Tale rinuncia ha comportato una grave ingiustizia. Poichè l’Italia, fino all’8 settembre 1943, era forza d’occupazione sul territorio del Montenegro, dell’Erzegovina, di una parte della Bosnia, in Dalmazia, in Lika e in tutti i territori vicini, dai paesi vincitori l’Italia venne indicata come responsabile per l’immane numero di serbi uccisi e infoibati in queste zone ad opera di ustascia croati. Dunque, l’Italia venne indicata come responsabile anche per l’eccidio compiuto dagli ustascia sull’isola di Pago, nei campi di sterminio di Jadovno, Jasenovac e quant’altro. Sembra incredibile, ma all’Italia è stato attribuito il crimine altrui, crimine che essa, con tutte le sue forze disponibili, cercava di fermare e impedire. In questo modo, l’Italia viene condannata a pagare un risarcimento. Quanto e come, lo stabilirono i paesi vincitori. Con la FNRJugoslavia, l’Italia firmo’ un’accordo di pace dove testualmente dichiarava di “rinunciare ai territori in favore della Jugoslavia”. Dunque, non alla Croazia. In questo senso converge anche la tesi dello sloveno Zmago Jelincic, presidente del Partito nazionale sloveno, membro del Parlamento sloveno e deputato europeo. L’anno scorso, ha infatti invocato l’apertura di un contenzioso giuridico in ambito europeo, in accordo con le regole del vigente diritto internazionale
Da parte sua, la Croazia, che durante la II guerra mondiale era alleata di Germania e d’Italia, non ha mai pagato ad alcuno un risarcimento di guerra. Bisogna ricordare che, oltre la Germania, la Croazia era l’unico stato avente i campi di concentramento, il paese che con le proprie leggi aveva definito, proclamato e ordinato lo sterminio dei serbi, ebrei e zingari. Eredità pesantissima.
* E’ quello famoso “grazie Italia”?
A differenza della Germania, tale verità storica non è stata ancora confessata dalla Croazia . Il primo barlume, il primo tentativo di confessione, è rappresentato dall’incontro del 26 giugno in Croazia, presso la foiba Saranova, una delle più grandi del complesso di sterminio Jadovno. L’incontro e la successiva commemorazione, avvenuti alla presenza delle massime autorità croate, serbe e bosniache, sono stati in buona parte determinati dalla divulgazione della documentazione storica italiana, riportata a gran voce dai media di questi paesi. Ragione per la quale la parte serba presente alla commemorazione ha pronunciato “Grazie Italia”, rivolgendosi direttamente al sen. Ajmone Finestra, testimone e partecipe degli avvenimenti del 1941, in qualità di giovane ufficiale del VI Reggimento Bersaglieri. Forse, tra breve, anche le vittime italiane delle foibe potranno ricevere un simile riconoscimento, magari davanti alla Foiba di Basovizza, come da tempo invocato dalle associazioni dalmate ed istriane. Sarebbe un grande contributo alla reciproca riconciliazione.
* Dopo la recente presentazione della ristampa anastatica del volume “Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943” preparato dal governo italiano e presentato alla Conferenza di pace di Parigi del 1947 per controbattere alle pretese territoriali jugoslave, Lei afferma che questo rarissimo documento non è mai stato esaminato nella sua reale dimensione storica e politica.
– Esatto. Le ultime pagine di questo volume sono una precisa e inequivocabile testimonianza storica sulla tremenda sorte dei civili serbi ed ebrei nel campo di sterminio ustascia Jadovno e si collegano alla documentazione che, fino a poco tempo fa, giaceva silente negli archivi italiani. Documentando un’immane eccidio, testimoniano sull’operato delle forze armate italiane 1941/43 in Jugoslavia e impongono una radicale revisione storica sul reale ruolo svolto dalle forze armate italiane. Dall’altra parte, annullano ogni tentativo di relativizzare, sia le dimensioni del crimine ustascia croati, sia le tutt’ora attuali “teorie della sinistra”, secondo le quali sono state le pressioni dei partigiani di Tito a fermare l’eccidio “fascista” e a far chiudere il campo di sterminio Jadovno.
La verità per 70 anni nascosta è la seguente. Nello stesso momento in cui presero potere sul territorio primariamente assegnato al loro alleato, allo Stato indipendente croato, dunque sulla fine dell’agosto 1941, le forze d’occupazione italiane ordinarono la chiusura del campo di concentramento sul isola di Pago. Si fa presente che gli ustascia, nel luogo di sterminio che comprendeva l’isola Pago e una quarantina di foibe site sul monte Velebit nei pressi del villaggio Jadovno (da qua la denominazione di tutto il campo di sterminio), in soli 132 giorni, tra l’aprile e agosto 1941, uccisero oltre 42 000 civili, uomini, donne, bambini – soltanto perché serbi o ebrei. Dunque, i militari italiani, arrivati come forza d’occupazione, salvarono i superstiti, tirarono su i corpi delle vittime dalle foibe e dalle fosse comuni, bruciarono i loro poveri resti e alla polvere diedero una degna sepoltura.
In questo contesto, si pone una legittima domanda: forze armate, per di più fasciste, che il primo giorno d’arrivo chiudono i campi di concentramento, salvano la gente, aprono le fosse comuni, documentano le vittime e le seppelliscono, si prendono cura della popolazione, la sfamano – possono chiamarsi “forza d’occupazione”? Inoltre, alla popolazione sotto le autorità italiane viene garantita la pace. I partigiani di Tito sparavano sui militari italiani per produrre le azioni punitive contro la popolazione serba. Secondo le numerose testimonianze storiche, questo non è mai successo.
*Lei riporta in auge un’altro momento, importantissimo per l’Italia: sia storicamente che politicamente.
Prima di tutto, c’e’ il fatto che la Croazia non ha mai giuridicamente posseduto la costa adriatica; in secondo luogo, l’Italia è stata costretta, dopo la fine della II guerra mondiale, a rinunciare in favore della Jugoslavia di Tito ai propri territori. Tale rinuncia ha comportato una grave ingiustizia. Poichè l’Italia, fino all’8 settembre 1943, era forza d’occupazione sul territorio del Montenegro, dell’Erzegovina, di una parte della Bosnia, in Dalmazia, in Lika e in tutti i territori vicini, dai paesi vincitori l’Italia venne indicata come responsabile per l’immane numero di serbi uccisi e infoibati in queste zone ad opera di ustascia croati. Dunque, l’Italia venne indicata come responsabile anche per l’eccidio compiuto dagli ustascia sull’isola di Pago, nei campi di sterminio di Jadovno, Jasenovac e quant’altro. Sembra incredibile, ma all’Italia è stato attribuito il crimine altrui, crimine che essa, con tutte le sue forze disponibili, cercava di fermare e impedire. In questo modo, l’Italia viene condannata a pagare un risarcimento. Quanto e come, lo stabilirono i paesi vincitori. Con la FNRJugoslavia, l’Italia firmo’ un’accordo di pace dove testualmente dichiarava di “rinunciare ai territori in favore della Jugoslavia”. Dunque, non alla Croazia. In questo senso converge anche la tesi dello sloveno Zmago Jelincic, presidente del Partito nazionale sloveno, membro del Parlamento sloveno e deputato europeo. L’anno scorso, ha infatti invocato l’apertura di un contenzioso giuridico in ambito europeo, in accordo con le regole del vigente diritto internazionale
Da parte sua, la Croazia, che durante la II guerra mondiale era alleata di Germania e d’Italia, non ha mai pagato ad alcuno un risarcimento di guerra. Bisogna ricordare che, oltre la Germania, la Croazia era l’unico stato avente i campi di concentramento, il paese che con le proprie leggi aveva definito, proclamato e ordinato lo sterminio dei serbi, ebrei e zingari. Eredità pesantissima.
* E’ quello famoso “grazie Italia”?
A differenza della Germania, tale verità storica non è stata ancora confessata dalla Croazia . Il primo barlume, il primo tentativo di confessione, è rappresentato dall’incontro del 26 giugno in Croazia, presso la foiba Saranova, una delle più grandi del complesso di sterminio Jadovno. L’incontro e la successiva commemorazione, avvenuti alla presenza delle massime autorità croate, serbe e bosniache, sono stati in buona parte determinati dalla divulgazione della documentazione storica italiana, riportata a gran voce dai media di questi paesi. Ragione per la quale la parte serba presente alla commemorazione ha pronunciato “Grazie Italia”, rivolgendosi direttamente al sen. Ajmone Finestra, testimone e partecipe degli avvenimenti del 1941, in qualità di giovane ufficiale del VI Reggimento Bersaglieri. Forse, tra breve, anche le vittime italiane delle foibe potranno ricevere un simile riconoscimento, magari davanti alla Foiba di Basovizza, come da tempo invocato dalle associazioni dalmate ed istriane. Sarebbe un grande contributo alla reciproca riconciliazione.
SECOLO D`ITALIA, 24 settembre 2011